L’opzione è uno strumento che conferisce al possessore il diritto, ma non l’obbligo di acquistare o vendere una certa quantità di oro ad un prezzo predeterminato detto strike price entro una determinata data. A questo va aggiunto il premio, ovvero il costo per l’opzione.
Dalla definizione risulta chiaro che è un procedimento molto simile ai futures, ma non è questa la sede per un confronto tra le due modalità di investimento.
Ci sono due tipi di opzioni: il “call” e il “put”. Si tratta di due procedimenti inversi: nel primo caso si guadagna quando il prezzo dell’oro sale, nel secondo quando scende. Esaminiamo due esempi in modo da rendere questi concetti accessibili a tutti. L’acquirente, ovvero l’investitore, nel mercato prende il nome di “holder”, mentre il venditore quello di “writer”.
Supponiamo che un holder voglia acquistare l’oro attraverso un’opzione. Il prezzo corrente è di 1.000 dollari l’oncia, e lo strike price è di 1100 dollari (il che significa che il premio è di 100 dollari). La scadenza dell’opzione si sta avvicinando, e il prezzo dell’oro arriva a 1.500 dollari.
Nel caso di “call”, avendo acquistato con un’opzione, lo pagherò comunque sempre 1100 dollari, come stipulato precedentemente. In questo modo costringe il writer a venderli l’oro ad un prezzo inferiore a quello del mercato. Se invece il prezzo non superasse i 1100 dollari, l’holder perde il premio. Con questo tipo di opzione, quindi, un investitore può già calcolarsi quanto potrebbe guadagnare in caso l’oro subisca un rialzo.
Supponiamo invece che si scelga la formula “put”, e che il prezzo dell’oro, anziché aumentare, diminuisca. Anzichè arrivare a 1.500 dollari, si abbassa a 800. A questo punto l’holder può far valere la sua opzione precedentemente stipulata, obbligando il wirter ad acquistare l’oro a 1100 dollari, e non a 800, prezzo corrente sul mercato.